LA MISSIONE
Mi barricai dentro.
Vivevo nella sola stanza da pranzo dove c`erano il camino e un letto, uscivo da lì unicamente per recarmi in bagno, non mettendo mai naso fuori di casa, limitandomi, durante il giorno, a socchiudere una finestra.
Straripavo d’odio.
Li dovevo distruggere tutti.
Tutti!
Tutta la razza!
Non era una vendetta ma una missione e, stando asserragliata là dentro potevo escogitare, del tutto indisturbata, il modo più efficace perché non ne restasse nemmeno uno.
Nemmeno traccia.
Cominciando da Tizio e via via allargandomi a spirale sempre più ampia, sempre più ampia, sino ad annientare l’intera, maledetta, razza umana.
Maledetta, maledetta aberrazione!
E maledetti i suoi malefici prodotti, le sue malefiche organizzazioni!
Trascorrevo il mio tempo seduta davanti al fuoco, ad odiare sempre più forte, sempre di più, un odio incommensurabile che generava rabbia.
Una rabbia incommensurabile.
La sentivo colpirmi lo stomaco come il pugno di un ciclope, e subito espandersi, e invadermi il petto.
Quest`ultimo si allargava, si allargava quanto più poteva, ma non era in grado di contenerla tutta, ed essa, come niente fosse, travolgeva quell’insignificante argine e si riversava, violentissima, nel cervello.
Lì bruciava, bruciava.
Era energia potentissima che inceneriva tutto quello che trovava; e, intanto, era già arrivato un altro pugno, in un treno ininterrotto ed irrefrenabile.
Sapevo che, proseguendo in questo modo, il mio cervello sarebbe diventato solo finissima polvere grigia, ma questo non mi intimoriva: era in perfetta linea con i progetti per il futuro.
Solo, non avrei lasciato che ciò accadesse prima d’aver portato a termine la mia missione.
Appena buio, mi infilavo sotto le coperte, e lasciavo che la notte trascorresse lenta, in un farneticante dormiveglia fatto di truci vendette e agghiaccianti olocausti, finché non arrivava l’alba.
Allora mi rimettevo seduta davanti al fuoco.
Così giorno dopo giorno, un giorno dopo l`altro.
(Rif. Pagina 5)
|