Piscinola, un equilibrio tra acqua e terra!
Piscinola esiste da duemila anni e forse anche di più...!
Nel DNA della sua gente c’è stato sempre un comune denominatore che l’ha resa unita e unica dei secoli:… la terra!
E come la terra è stata sempre generosa verso l’uomo, offrendo ubertose coltivazioni, frutta prelibata e abbondante, la gente di questo posto, riconoscente, l’ha portata sempre nel cuore, amandola come madre, come figlia e come sposa...!
Alberi di pioppi, di uva, di noci, di pesche, di mele di pere, ma anche rape, fave, fagioli, grano, canapa, orzo... formavano in ogni stagione un ricamo di vari colori, che uniti tutti come su un’unica tavolozza, rendevano bella e incantevole la terra all’occhio del visitatore. Molti forestieri che tra il Seicento e l’Ottocento visitavano il Regno di Napoli, rimanevano stupiti quando giungevano in questo posto, osservando questo paesaggio, così bello, semplice e incantato… E ne abbiamo avute di attestazioni e di testimonianze storiche di questi viaggi, da parte di chi ha potuto visitare ed ammirare tutta questa bellezza della natura!
Il culto della terra è stato così viscerale che mai nessuno degli abitanti ha osato profanare nei secoli la campagna. Ogni volta che si doveva costruire una casa o un edificio qualunque, si cercava di occupare solo lo spazio necessario, sacrificando a malincuore solo pochi alberi o coltivazioni.
Era così profondo questo rapporto con la campagna, diremmo quasi spirituale, che gli antichi piscinolesi usavano chiamarla rispettosamente “Terra Santa” e ogni volta che si doveva iniziare un’attività nei campi, come il raccolto, la semina o l’aratura, facevano devotamente il segno della croce e dicevano tutti insieme “In nome di Dio” (”‘a ‘nnomme è Ddio!”).
L’acqua e la terra, quindi, sono stati gli elementi portanti delle vicende storiche di questo piccolo e antico borgo di periferia, posto a nord della città di Napoli.
(Rif. Pagina 31)
|
La banda musicale di Piscinola
Della vocazione musicale radicata nel nostro territorio si trovano diverse tracce antiche, come ad esempio nel poemetto in vernacolo scritto nel 1787 da Nunziante Pagano, dal titolo: “Mortella D’Orzolone, Poemma Arrojeco”. Nel canto II, troviamo la seguente strofa, nella quale è citata Piscinola:
[…] A Ppasca, e ffuorze fuorze a Carnevale,
Chella respose, e nce vo fa no nvito
De quanta nce nne stanno a sto Casale,
Pe fa fa annore a mmene, ed a lo Zito:
E ppe nce fa na festa prencepale,
Nce vo chiammà li suone de Melito,
De Pescinola, Pollica, e Cchiajano,
e dde Marianella e dde Mugnano.
Mmperzò, Petrillo mio, conto le juorne
Pe nzi che non se fa sta parentezza;
Uh se navimmo d’allommare forne!
Uh se nce penzo moro d’alleggrezza! […]
La frase “Nce vo chiammà li suone…” sembra riferirsi all’esistenza in loco di complessi musicali importanti, che come traspare nel testo, già allora avevano l’arte di stupire la gente con la loro musica; tuttavia, non abbiamo la certezza che si trattasse di complessi bandistici veri e propri, così come li intendiamo oggi, oppure di piccoli gruppi di suonatori o di solisti.
Di sicuro sappiamo che il complesso musicale di Piscinola era già attivo e operava agli inizi degli anni ‘20, la cui direzione musicale era stata affidata al maestro Onofrio Piccolo, già maresciallo e musicista della banda della Regia Marina. All’epoca era motivo d’orgoglio per un paese avere una propria banda musicale e Piscinola, che conservava ancora i caratteri originari di borgo agricolo, era uno di questi.
La banda di Piscinola prese il nome di “Concerto Musicale Giuseppe Martucci”, in onore del famoso compositore di musica. Successivamente si formarono addirittura due corpi musicali diversi, che furono denominati “‘A surgità vecchia” e “‘A surgità nova”. Con il passare degli anni uno dei due “corpi” s’insediò a Marianella, fondando la banda locale, da cui prese il nome.
(Rif. Pagina 215)
|
Le feste e le usanze popolari
La festa del Salvatore era anche un’occasione di divertimento e di gioco per i più piccoli. In questa ricorrenza si eseguivano dei giochi un po’ “piedigrotteschi”, con utilizzo di “attrezzi”, che venivano comprati dai genitori appositamente per l’evento.
Ricordiamo la “palla di sabbia” con la molla, la “trombetta con fischietto” e coi “riccioli” di carta (trumbettella), la “lingua di Menelike” di carta, i palloni gonfiati con “elio” o con “aria”. Quelli con “elio” si tenevano legati a un braccio con uno spago, perché rischiavano di volare via, mentre quelli ad “aria”, avevano un rivestimento di plastica con due colori e si palleggiavano con una mano, attraverso un elastico.
Durante i festeggiamenti degli anni 1977 e 1978, le luminarie, che “abbracciarono” con le loro coreografie luminose tutte le strade di Piscinola, furono particolarmente belle: Via V. Veneto, in particolare, illuminata in quel modo aveva l’aspetto di un immenso “tunnel luminoso”, composto da centinaia di migliaia di luci colorate. Nel 1978 fu anche allestita sulla facciata della chiesa del SS. Salvatore una sontuosa e altissima scenografia, detta “porta”, composta da migliaia di lampadine, che raffiguravano, quando erano “accese”, la facciata di un’altra chiesa, con un’alta cupola ed i campanili ai due lati.
Dopo il terremoto del 1980, questi festeggiamenti si svolsero, anche se in tono minore, solo negli anni 1987 e 1988.
(Rif. Pagina 236)
|
A Piscinola si festeggiava “Halloween”, prima della guerra…!
Ancor prima dell’ultimo conflitto mondiale, i ragazzini del nostro quartiere solevano festeggiare la ricorrenza dei defunti, con un’usanza dai connotati tipicamente locali, ma sicuramente di origini antichissime. Nel corso della mattinata, i bambini e i ragazzi più grandicelli si recavano di masseria in masseria, di cortile in cortile, bussando a ogni porta, per chiedere in nome dei morti, dolci e leccornie, ma anche noci, nocciole e castagne, un po’ come fanno oggi i ragazzi americani quando si festeggia la ricorrenza di Halloween. Durante il girovagare per vicoli e masserie piscinolesi, i bambini ogni tanto pronunciavano, a voce alta, un’espressione tipica, diventata poi l’emblema della tradizione, che era:
“‘E mmuorte e ‘o puveriello...!
’E mmuorte e ‘o puveriello!”,
ossia “per i morti e per i poveretti”. Questa curiosa usanza è andata anch’essa scomparendo dopo la fine dell’ultima guerra mondiale.
(Rif. Pagina 240)
|
Indovinelli e aforismi
(Appendice)
Mi-uno, mi-due, mi-tre ccancelle,
‘O fraulo ‘e pelle e ‘o picchippò;
Conta, conta, ca dudece sò.
Addivin’ andivinella:
Dove sta la mia sorella?
Sta di qua? Sta di la?
Addivina dove sta.
Mo véne Natale
Nun tengo denare
Me fumo ‘na pippa
‘e me vaco a cuccà…
Uno, doje e tre,
‘O papa nun è rrè;
‘O rre nun è papa
E a vespa nun è ape…
‘E overo ca si ‘bello: Cu’ ‘a mazza,
‘o sisco e ‘o ‘mbrello!
Dàlle, dàlle e dàlle
‘o cucuzziello addevente tallo,
Dàlle, dàlle e dàlle
‘a rosa fresca addiventa vallo.
Dàlle, dàlle e dàlle,
Pullecenella è caduto in fallo.
(Rif. Pagina 349)
|