Equilibrio (Maggie)
Tende leggere arancio e miele, fogli sparsi sul tappeto e la mia musica nell’aria e nella testa, mentre la penna si è infilata come suo solito tra le pieghe di una coperta o nel burrone tra divano e poltrona… No, forse non concluderò nulla neanche per questa sera, solo una nuvola di pensieri accartocciati tra di loro e fiabe che seguono un ritmo che forse non mi aiuta, mi distrae, da me, da lui, dal cane, da Peter, da Ale, da Vicky, dalla televisione, dalla pioggia che sta per precipitare…
E intanto tu cosa fai? Come puoi resistere ancora, così piccolo tra punte di vento ghiacciato? Mantenere la tua calma, il tuo equilibrio quasi perfetto, cullandoti quando altri cadrebbero, solo per guardare un poco ancora dentro, dove io resto a braccia incrociate, capelli tenuti da un pinzone a farfalla e piedi nudi che scivolano dal tappeto al marmo.
Adesso volto le spalle e mi decido. Mi è sempre piaciuta l’immagine di mordicchiare la fine di una matita con sguardo estraneo al mondo presente, rapita dal mio vortice di pensieri ed emozioni, eppure apparire fredda, sì, fredda, distante e magnetica. Una donna del mistero? Non solo, ben di più, semplicemente una donna. Eppure sul foglio sono presenti solo i margini violetti, i miei confini, ed è difficile andare oltre. Una pentola sul fuoco, l’aroma del rosmarino e una colonna di fumo e vapore mi riportano al mio giorno comune, quello che proprio di magnetico non conserva nulla.
Torno e fuori dal vetro tu sei ancora lì, saltelli. Per il freddo o per una strana gioia? Dammene un po’. Più siamo piccoli più sorridiamo, anche se soffia un vento freddo che fa male tanto da togliere il fiato, combattiamo, come te passerotto in equilibrio sulla ringhiera...
(Rif. Pagina 1)
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Ali (Julie)
E il vento si alzò, e portò in alto come per magia un gigante uccello di ferro, con ali rigide disegnate da mani sapienti, con un cuore forte deciso da una mente intelligente, e sulle sue ali grigie volavo per la prima volta, stupita, emozionata, intimorita, non dall’ azzurro ceruleo, ma da quello che scompariva sempre più lontano laggiù. È difficile partire, nonostante la gioia e la decisione, resta la certezza di abbandonare qualcosa, qualcuno e una parte di sé, ma bisogna partire per superare le nuvole, ritrovare il sole.
Un po’ bambina un po’ adulta, stringendo una lettera, pensando al peluche infilato di nascosto nella valigia, tenendo al collo il simbolo che più di ogni altro dà il coraggio di affrontare la virata nel tragitto della mia vita.
“Se partirai non sarai né la prima, né l’ultima; amore, fede, evasione, avventura, una certa dose di rabbia, follia… tante sono le motivazioni, tu avrai le tue, se partirai però non farlo pensando di cambiare il circolo vizioso del mondo, non si parlerà di te, né di quello che farai, il luogo dove vorrai andare continuerà ad essere sulle nostre tavole ogni sera, ma non sarà mai il mondo che conoscerai tu, quello vero, se parti fallo per te, per la tua umiltà, per la tua verità e per chi incontrerai, allo stesso modo, se tu decidessi di restare qui, fallo per le stesse ragioni…”
Un anno dopo sono partita, e Jean sorrideva oggi all’aeroporto, ricordando parole ed emozioni scambiate per tanto tempo seduti in fondo alla chiesa, dopo la Confessione, ed ora seduta guardo da un finestrino anche se non c’è niente da vedere, tutto è vuoto, come se tutto fosse ancora da inventare, sarà per questo che è così bello stare nella sera a guardare.
Volo su ali di acciaio, ma sono le ali impalpabili di Dio, dentro di me, a sorreggermi...
(Rif. Pagina 6)
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Principessa (Isabel)
Domani inizia il lavoro, ho il primo appuntamento, intanto tiro fuori la macchina, monto l’obbiettivo e esco sul terrazzo. È quasi sera, le luci sono quelle tiepide che tinteggiano il cielo di arancio e violetto. Punto lontano per cogliere il tramonto, i suoi giochi di luce, per inventare uno sfondo a qualche foto. Qualche albero distante ha perso i colori vivi del verde, è un’ombra nera su una cartolina rossa. Punto ancora lontano e vedo contorni di colline e montagne, forse qualche monaco lassù sta vivendo il suo momento di conoscenza profonda, detentore di verità che solo lui capisce. Ma tutto è lontano e posso solo immaginare. Poi guardo vicino, ci sono uomini appena sotto le porte dell’albergo, chi è riccamente vestito, così pulito che il profumo arriva anche solo con lo sguardo. Corrono verso l’auto che li aspetta, o sorseggiano drink fluorescenti con fette di frutti tropicali per rallegrare la vista, scattano foto e allontanano con la mano la mano di un bambino che chiede qualcosa. Bambini, uomini e donne diverse, fermi sembra da molto tempo ad aspettare. Sguardi persi oltre questo mondo e qualche sorriso mentre corrono dietro all’auto appena partita, vivendo così il loro piccolo rituale di festa quotidiana, raccogliendo pochi denari sporti da una mano attraverso un finestrino. Donne avvolte in sari di cotone colorato ma non lucido che passeggiano e caricano sulle spalle la spesa. Catturo occhi e mani, vestiti e gesti veloci.
Torno dentro tra cuscini bombati con pendagli d’argento, tappeti multi decorati, tra cesti di fiori di cui non conosco il nome ma amo il profumo intenso e dolciastro, i petali vellutati al tatto e quelli sottili e fragili come carta velina di mille sfumature sovrapposte. Tutto merita attenzione, tutto è nuovo. Il letto grande dove dormirò sola questa notte, protetta da drappeggi leggeri e una scrivania immensa, lucida anche questa per appoggiare la mia distesa di programmi e foto..
(Rif. Pagina 56)
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