Prefazione di Giorgio Quaglia
L’analisi guida però rimane quella sul “partito”, sul suo riformismo da migliorare ed esaltare, sulla democrazia interna ancora incompiuta, sulle difficoltà a definire con chiarezza e correttezza le alleanze (da qui l’invito a ripartire con l’umiltà della “Comunità del porcellino” che subito dopo la guerra aveva unito le idee e lo spirito costituzionali di figure quali Dossetti,
Fanfani, La Pira, Lazzati, ecc.), sui modi in cui esprimersi e agire come “forza di governo” anche quando si è all’opposizione;
infine – in termini persino spietati – sui risultati elettorali pessimi ottenuti. Un’auto-analisi, come detto, spesso anche dura, scevra – nonostante le sconfitte e le difficoltà – da sconforto e negatività,
protesa invece a far leva ancora sulla volontà e sull’intelligenza.
(Rif. Pagina 10)
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II Congresso DL - La Margherita Asti
In questa prospettiva sarà decisivo assicurare un vitale pluralismo culturale al futuro partito, nel quale si confronteranno e
concorreranno le migliori tradizioni del cattolicesimo democratico e popolare, della liberaldemocrazia, delle ispirazioni
socialista, laico-riformista e ambientalista.
Mi viene qua da parafrasare il pensiero del filosofo pacifista Émile Auguste Chartier: “Niente è più pericoloso di un`idea
quando si ha un`idea sola”, con: “Niente è più utile delle idee quando le idee sono tante”.
(Rif. Pagina 19)
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1977-2007 Nonsolomemoria
Intanto la FGCI, pur ripudiando l’uso della forza, continuava a partecipare alle varie manifestazioni organizzate dal movimento
studentesco.
Durante i primi giorni di scuola, ci fu una manifestazione di protesta per l’uccisione a Roma del militante di Lotta continua
Walter Rossi per opera di neofascisti.
Così ci ritrovammo a far parte del corteo, dal quale si staccarono degli sciagurati criminali che diedero fuoco, lanciando alcune
bottiglie incendiarie, all’interno del bar Angelo Azzurro in Via Po.
Nel rogo che ne conseguì, morì, dopo un giorno di agonia, lo studente lavoratore Roberto Crescenzio.
Contemporaneamente, a Palazzo nuovo, si sarebbe dovuto tenere un’assemblea per discutere di “antifascismo” e invece si rivelò
un’occasione per aggredire e colpire a “barottate” gli iscritti alla FGCI.
Ne uscimmo pesti in ogni parte del corpo e della mente.
Lo stesso giorno in cui si svolse quella tragica manifestazione fu convocata una riunione urgente dell’Attivo Studentesco, che si svolse presso la sede della federazione torinese in Via Chiesa della Salute 47.
La Segretaria della FGCI torinese, Livia Turco, da poco subentrata a Balboni, prese la parola e annunciò ai convenuti che a seguito dell’azione di pochi miserabili, un giovane difficilmente sarebbe riuscito a sopravvivere e proseguì suggerendo ipotesi di distinzione dell’organizzazione giovanile comunista dal
“movimento”, nel quale le componenti più brutali ed eversive, in preda a un delirio rivoluzionario, stavano diventando egemoni.
(Rif. Pagina 42)
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Otto milioni di canzonette.
L’allontanamento di Fini da Berlusconi è stato forse il primo
vero atto di nascita della nuova destra italiana, fino a ieri era
così.
“Otto milioni di baionette” era la minacciosa e, al tempo stesso,
limitata immagine della potenza bellica del regime fascista.
È così difficile paragonare la società di oggi con quella di settanta
anni fa.
Vorrei quindi pensare che un ritorno del fascismo tout court o
anche “in altre forme” in Italia sia impossibile, così come il
ritorno della monarchia o dei venditori di ghiaccio, come della
Balilla o del ciclismo senza doping.
Certamente una buona parte della destra italiana ha vissuto gli
anni 50’, 60’ e 70’ nella “nostalgia” e nell’attesa della “Ora X”
con il conseguente avvento di improbabili “regimi dei
colonnelli”.
Una destra che, fino al Congresso di Fiuggi (1995), si è tenuta lontana dalla ricerca dell’allargamento del consenso elettorale
attraverso il rinnovamento liberista o radical-liberale e che,
ancora oggi, non si sente europea.
Una destra quindi che ha delle radici profondamente diverse da
quelle della destra francese neogollista, inglese conservatrice o
statunitense repubblicana.
Quella italiana è, in gran parte, una destra affascinata dagli
elementi tipici della destra populista e autoritaria.
(Rif. Pagina 108)
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Postfazione di Giuseppe Possa
Lanfranco, operando dal basso, e non come tanti politici di
professione che finiscono per dedicarsi a tortuosi giochi politici,
ha fatto tesoro della sua esperienza e ha proseguito nel mettere in
luce, ora anche attraverso la scrittura, con la tenuta di un blog, le
nuove ingiustizie sociali, l’egoismo dei ricchi, l’arroganza dei
potenti, a cui egli contrappone i sentimenti della solidarietà
umana.
È dalle esperienze sul campo che nascono le personali
considerazioni, le analisi e le argomentazioni che, pubblicate nel
suo blog, trovano ora spazio in questo libro.
La povertà etica dei nostri tempi, ci deve far riflettere su alcune
considerazioni: non può un albero svettare in alto e resistere alle
intemperie, se non ha radici profonde e penetrate nella buona
terra. Ecco, Mario ha fatto ancora in tempo a crescere all’ombra
delle grandi esperienze di lotta, a fonti sorgive di vasti ideali;pertanto, questo libro, scritto in una prosa nitida e robusta,
diventa testimonianza del suo percorso letterario, ma soprattutto
di vita.
(Rif. Pagina 165)
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