Eclissi di Luna
marianna garofalo
In seguito ad un incidente, Gabriel perde completamente la memoria, ma è ossessionato da incubi e allucinazioni riguardanti i suoi ricordi che gli creano una sorta di autodifesa della mente atta a non recuperare le informazioni perdute. Il cervello di Gabriel rifiuta di cercare la sua realtà, e per mesi resta ospite di Matt Clifford, un benestante gioiellere che essendo causa dell`incidente fa di tutto per aiutarlo, massacrato dai sensi di colpa. Ma il carattere deciso e sfacciato di Gabriel viene fuori nonostante le debolezze della sua psiche, creando non pochi malcontenti in casa Clifford. Nel frattempo, per quanto rifiuti ogni riavvicinamento al suo passato, non può evitare il contatto "telepatico" con suo fratello gemello, Edward, che in imminente pericolo di vita gli trasmette informazioni e sensazioni che portano Gabriel a un passo dalla pazzia, fino a svegliarlo completamente e riportare al posto proprio ogni ricordo. Gabriel sarà così, sospeso tra la difficile scelta tra il presente e il ritorno al passato, faccia a faccia con il dolore di un lutto crudele , con i pugni stretti a reggere il dono più inatteso che la vita gli abbia mai fatto e che ora gli chiede di restituirle.
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Dettagli
Libro: |
Bianco & Nero |
Formato: |
14,8 x 21 (A5) |
Copertina: |
Morbida |
Pagine: |
203 |
Categoria: |
Narrativa |
Editor: |
Photocity Edizioni |
Lingua: |
Italiana |
Biografia
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Marianna Garofalo
Marianna Garofalo è nata a Napoli, il 25 luglio 1981.
Ha vissuto la sua infanzia a Cologno Monzese, per poi tornare nella sua città natale, dove si è diplomata come maestra di arti applicate all'istituto Filippo Palizzi con specializzazione in arte dei metalli e oreficeria. Da sempre coltiva la passione per la scrittura e si occupa di decorazione d'interni e scenografia, Ha pubblicato il suo romanzo d'esordio nel 2008 per la Enrico Folci editore "L'angelo e la sirena" , seguito da "Come Neve" per la Booksprint edizioni, e in fase di seconda edizione.
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Stralci
2 Stralci
Prologo
Ventott’ anni di istituto psichiatrico sembravano non esserti mai passati addosso.
Tutto ciò che ti rendeva differente dall’uomo che mi avevano mostrato le fotografie era qualche ruga in più e i capelli che si avviavano lentamente al bianco.
Gli occhi neri come la pece, fissi nei miei, nei nostri, verdi, e speravo ti ricordassero con tutta la crudeltà che riuscivo a immaginare, i suoi occhi verdi, quelli che avevi lasciato riversi sul pavimento dopo averne respirato l’ultimo respiro.
Così ti vedevo per la prima volta, dopo averti soltanto odiato e maledetto per quattro intensi anni, tranquillo nel tuo cappotto grigio che copriva un fisico non più giovane, ma asciutto e all’apparenza ancora forte.
Ti avevo davanti a me, e la gola mi si stringeva di rabbia e di vendetta, lì, in quella che un tempo era stata la nostra casa, con i piedi sul pavimento che aveva accolto il cadavere di mia madre.
Nella mia vita non avevo mai sentito il cuore battermi per odio come lo stava facendo in quel momento, ed era come stare su una sedia elettrica con gli occhi aperti a guardarti comandare l’intensità delle scosse e godere nel farlo....(continua)
(Rif. Pagina 5)
Prologo
Ventott’ anni di istituto psichiatrico sembravano non esserti mai passati addosso.
Tutto ciò che ti rendeva differente dall’uomo che mi avevano mostrato le fotografie era qualche ruga in più e i capelli che si avviavano lentamente al bianco.
Gli occhi neri come la pece, fissi nei miei, nei nostri, verdi, e speravo ti ricordassero con tutta la crudeltà che riuscivo a immaginare, i suoi occhi verdi, quelli che avevi lasciato riversi sul pavimento dopo averne respirato l’ultimo respiro.
Così ti vedevo per la prima volta, dopo averti soltanto odiato e maledetto per quattro intensi anni, tranquillo nel tuo cappotto grigio che copriva un fisico non più giovane, ma asciutto e all’apparenza ancora forte.
Ti avevo davanti a me, e la gola mi si stringeva di rabbia e di vendetta, lì, in quella che un tempo era stata la nostra casa, con i piedi sul pavimento che aveva accolto il cadavere di mia madre.
Nella mia vita non avevo mai sentito il cuore battermi per odio come lo stava facendo in quel momento, ed era come stare su una sedia elettrica con gli occhi aperti a guardarti comandare l’intensità delle scosse e godere nel farlo....(continua)
(Rif. Pagina 5)
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dal capitolo 1
Milioni di gocce disegnavano fili argentei e paralleli nell’aria blu della notte, cadendo sulla strada scura e bagnata, rompendo il silenzio con un costante e fastidioso ticchettio.
Il freddo mi gelava le ossa e i vestiti bagnati s’incollavano sgradevolmente addosso mentre sentivo la ruvidità dell’asfalto sotto il petto e la faccia.
Ascoltavo voci e rumori lontani echeggiare nella testa e mi imponevo di riuscire a muovermi comandando alla mia mano, inerte e puntellata di continuo da schizzi d’acqua, di dare un segno di vita.
Ma lei era lì, immobile, offuscata dalla vista sforzata degli occhi socchiusi, bagnati dal gocciolare dei capelli sul viso.
Il respiro affannato e irregolare alitava nuvole di fumo bianco nell’aria gelida e scaldava l’acqua sull’asfalto sotto il mio viso.
Un’auto sbandò pochi metri più avanti, poi tornò indietro rasando con le ruote una pozzanghera e sollevando un’onda che mi sbatté addosso gelata.
Cominciai a tremare, per il freddo.
Cosa ci facevo lì per terra, cosa era successo, perché non riuscivo a muovermi?
Milioni di domande mi giravano nella mente confusa, offuscata, rinchiusa in un cerchio dolorante.
I fari mi si puntarono addosso abbagliandomi e le ruote frenarono a pochi centimetri da me.
Una fessura delle palpebre socchiuse osservò un paio di scarpe fermarsi davanti al mio viso, poi una mano grande e forte si poggiò sulla mia spalla e cominciò a scuotermi, e una voce lontana, calda e rassicurante continuava a ripetermi con un insopportabile eco: –Ragazzo? Hey, ragazzo, mi senti? -
(Rif. Pagina 10)
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