L`incontro con Akbar
Entrai nell’ufficio del Commissario, che m’aveva fatta chiamare d’urgenza.
Vi trovai un uomo alto e atletico. In piedi, incorniciato dalla finestra.
Controluce, ne vedevo solo la silhouette arrotondata del giaccone raglan, le orecchie a sventola e la testa pelata che brillava al pallido sole invernale.
«Entra, ispettore capo Xiarras» mi invitò il Commissario. «Ti presento Akbar Nusair Al-Nouri, tuo omologo della polizia di Tetuan ».
L’uomo si staccò dal vetro e mi si avvicinò per stringermi la mano.
Poi, si sfiorò il petto con le dita, un gesto di cortesia tipico del Maghreb.
La luce del neon ne rivelò i lineamenti dorati: sulla quarantina, occhi grandi, severamente incoronati da folte sopracciglia nere, naso affilato, bocca carnosa, e barba che, sebbene rasata di fresco, faceva capolino dai pori disegnandogli un’ombra scura sulla mascella quadrata.
«Piacere di conoscerla, signor... Nusair? Al-Nouri?»
Il Commissario rise: «Chiamalo pure Akbar. Infatti da domani sarà tuo marito finché prenderete l’omicida e il rapitore».
Mi accasciai sulla sedia. Non sapevo come reagire davanti allo straniero che mi guardava con un sorriso gentile e intelligente.
Pensai di risolverla con una battuta di spirito un po’ razzista: «Dipende da quanti cammelli mi offre per la mia mano, signor Akbar».
Lui rise di cuore e rispose in spagnolo impeccabile: «Ispettore, non usiamo più i cammelli in polizia. Sono troppo costosi. Ci spostiamo in bici o in auto».
«Un’automobile potrebbe andarmi bene.»
(Rif. Pagina 10)
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Hashish?
Fui folgorata da un lampo di lucidità: «Hashish, hai detto?»
Lanciai un urlo. Hashish! C’era dell’hashish nel narghilè! E io l’avevo fumato! Un agente dell’ordine che contravviene alla legge!
Questo era ben più grave che l’aver dormito con il nemico.
O peggio: non era per caso che stavo per finire linciata come un’adultera?
M’insaponai e massaggiai nervosamente il viso con acqua fredda.
Akbar era sulla soglia del bagno: «Non t’angustiare, ispettore. Cannabis è legale a Qasbat-Al-Noor. Credi davvero che ce la faremmo a sopravvivere solo su ricordini, francobolli e bei panorami?»
«E così i dolcetti tipici di cui tanto ti vantavi sono le tortine di hash che m’hai fatto mangiare ieri sera, vero, assassino ?»
«Sei un’assassina nata anche tu, mia cara. Di solito i biscottoni prendono allo stomaco al primo morso. E il tè... certo non era Earl Grey...»
«Perché non me l’hai detto che avevi in mente un invito a cena con l’assassino? Non avrei accettato. Mi hai ingozzata di veleno a mia insaputa. Vergognati! Chi ti credi di essere, con la tua amoralità elastica? Hai drogato una poliziotta! In Europa ti farei arrestare per...» Ebbi un gesto di rabbia.
«...circonvenzione d’incapace?!» suggerì lui ridendo.
«Spiking . Stavo per dire spiking. E infami reati connessi». M’indispettii. Mi ricomposi: «Davvero cannabis è permessa a Qasbat-Al-Noor?»
«Certo. Abbiamo seguito l’esempio dei Paesi Bassi. Con delle restrizioni: solo i non-residenti possono accedere alle “pasticcerie”. Se ben ricordi, ci hanno chiesto i documenti all’entrata... e tu che avevi paura dei paparazzi!»
(Rif. Pagina 86)
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Il Capitano
Una manciata di secondi dopo, apparve un nerboruto soldato, la barba nera come la pece.
Questo sì che calzava lo stereotipo!
La sua espressione solenne, addirittura feroce, non prometteva niente di buono. Feci un passo avanti, per suggerirgli che il capo ero io, prima che si rivolgesse a Zac, come gli consigliava il suo addestramento maschilista, e il povero Zac sarebbe entrato in crisi.
Quello mi aveva già teso la mano: «Ispettore capo Xiarras? Pleased to meet you . Sono capitano...» seguì un nome pieno di aspirate gutturali. «Please follow me. Califfo aspetta».
Sorpresa, esclamai: «Un momento, come posso esser sicura che non ci vuoi rapire, arrestare, torturare... visto l’andazzo degli ultimi giorni?»
«Ospite sacro, signora» mi diede la sua pistola, la scimitarra, il pugnale, e il randello. Un intero arsenale. «Tieni, ispettore, per dimostrare buonafede, io disarmato, tu segue con mie armi. Io va avanti. Io sicuro tu guerriero d’onore che no assale nemico disarmato a spalle».
Padma non poté trattenere una risatina. «Noi caduti in filmone serie B».
Il gorilla sorrise e mi indicò il porticato di colonnine di marmo scolpito che incorniciava un chiostro rettangolare.
Che meraviglia, pensai. Sperai di aver tempo più tardi di visitare quello stralcio di paradiso, con alte siepi di cipresso potate a cavatappi, alberelli d’agrumi pettinati a sfera, non un capello fuori posto, carichi di frutti, e l’immancabile fontana nel centro, che non vedevo, ma sentivo gorgogliare argentina, a coprire la voce stentorea della guida svedese.
Attraversammo un paio di ufficetti e ci trovammo in un atrio pomposo, lampadario d’ottone a stella, incombente su di noi dall’alto soffitto.
Il capitano ci guidò per uno scalone monumentale tirato a specchio, nero con motivi grigio scuro che sembravano conchiglie, chiocciole e lamelle.
(Rif. Pagina 60)
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