Giullare!
Stefano Mosele
Il giullare narra con voce roca di tristi aneddoti che hanno sconvolto l`umanità, descrive il lato peggiore dell`uomo, viziato dagli errori che poco hanno insegnato. È una voce, la sua, diabolica e scomoda, perché non guarda solo il bello ma vuole - e deve - vedere soprattutto quello che non va. Il giullare si commuove nel vedere la sofferenza vagare per le strade camuffata sotto le mentite spoglie di derelitti che, se non si guarda bene, rischiano di passare sullo sfondo, invisibili ed insignificanti. Ma vede anche la bellezza della natura, dei bambini sognanti che si abbandonano al passare del tempo con un sorriso spensierato come solo loro sanno fare. E scopre l`intimo nascosto nell`animo di chi non parla, di chi si chiude per non soffrire ancora. E sente la morte camminare nel mondo a seminare paura e terrore. Allora la vuole vincere, esorcizzare, sconfiggere.Con l`immortalità delle emozioni scritte, con il ricordo del rimpianto di un esasperato distruttivo salto nel vuoto che voleva essere, in realtà, un salto verso il cielo.
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Dettagli
Libro: |
Bianco & Nero |
Formato: |
14,8 x 21 (A5) |
Copertina: |
Morbida |
Pagine: |
76 |
Categoria: |
Poesia |
Editor: |
Photocity Edizioni |
Lingua: |
Italiana |
Biografia
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Stefano Mosele
Stefano Mosele nasce il 20 dicembre 1981 a Levico Terme, in provincia di Trento. Cresciuto nella piccola frazione di Quaere, a pochi chilometri dalla cittadina termale, scopre fin da piccolo il fascino della poesia e della natura.. Appassionato di musica e di arte in generale è co-fondatore di una rivista culturale per giovani distribuita in Valsugana. Giullare!, la sua seconda raccolta di poesie, è un insieme di parole ed emozioni scandite dal ritmo costante della musicalità che accompagna i versi.
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Stralci
1 Stralci
La cadrega
Son di natura servile e virtuoso
nobile d`animo ed orgoglioso
di fare quello che sono capace
anche se in fondo a me non piace.
Mi chiamano scranno sedia o cadrega
ma del mio nome non mi do pena
son nato per questo, per sostenere
il vostro bello e prezioso sedere.
Nelle regge mi chiamano trono
e son ricoperto di sete e dio oro
sostengo nobili e loro signore
sopporto in silenzio il loro odore
odore di soldi spezie e potere
che sotto ai vestiti riesco a vedere
odore di gente che ha in mano la terra
e pensa solo a farsi più bella.
Nelle locande rilasso le chiappe
degli ubriachi seduti a cantare
sono un rialzo sotto le scarpe
del tizio che alto vuole sembrare,
io sono ristoro per il viandante
per chi trascina un corpo pesante,
sono sgabello per il contadino
che munge le vacche nel fresco mattino.
Son di natura servile e virtuoso
di umile aspetto ma decoroso
la gente mi vede mi usa e mi ignora
come se fossi una brutta cosa.
Mi chiamano scranno sedile o cadrega
ma del mio nome chi se ne frega
sono sostegno per chi ha bisogno
sostengo culi e non mi vergogno:
sono anche il gioco per un bambino
la scala che sale verso i biscotti
sono un rialzo, un breve gradino
un passo che al cielo avvicina un pochino.
(Rif. Pagina 30)
La cadrega
Son di natura servile e virtuoso
nobile d`animo ed orgoglioso
di fare quello che sono capace
anche se in fondo a me non piace.
Mi chiamano scranno sedia o cadrega
ma del mio nome non mi do pena
son nato per questo, per sostenere
il vostro bello e prezioso sedere.
Nelle regge mi chiamano trono
e son ricoperto di sete e dio oro
sostengo nobili e loro signore
sopporto in silenzio il loro odore
odore di soldi spezie e potere
che sotto ai vestiti riesco a vedere
odore di gente che ha in mano la terra
e pensa solo a farsi più bella.
Nelle locande rilasso le chiappe
degli ubriachi seduti a cantare
sono un rialzo sotto le scarpe
del tizio che alto vuole sembrare,
io sono ristoro per il viandante
per chi trascina un corpo pesante,
sono sgabello per il contadino
che munge le vacche nel fresco mattino.
Son di natura servile e virtuoso
di umile aspetto ma decoroso
la gente mi vede mi usa e mi ignora
come se fossi una brutta cosa.
Mi chiamano scranno sedile o cadrega
ma del mio nome chi se ne frega
sono sostegno per chi ha bisogno
sostengo culi e non mi vergogno:
sono anche il gioco per un bambino
la scala che sale verso i biscotti
sono un rialzo, un breve gradino
un passo che al cielo avvicina un pochino.
(Rif. Pagina 30)
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