Bertucce e Yanitos
“Mi perdoni se mi permetto di temere il peggio” interviene il vice di Bianca “ma come ispettore di polizia, ne ho il dovere: direttore, può escludere con sicurezza l’ipotesi che siano tutte morte?”
Il direttore rabbrividisce. “Non hanno nemici naturali.”
“Cibo avvelenato?”
“Facciamo rigorosi controlli su frutta e verdura che diamo loro.”
“Ma non potete controllare cosa mangiucchiano in giro! Lo so che è proibito dar da mangiare alle scimmie, ma non ci sono poliziotti per pattugliare tutti i chilometri di sentieri del parco naturale... magari qualche malintenzionato, fingendosi un turista in passeggiata, ha sparso qua e là bocconcini appetitosi ma avvelenati...”
“Avremmo rinvenuto i corpi!” Il direttore scuote la testa con orrore, mentre le lacrime gli annebbiano la vista al pensiero dell’ecatombe che Ispettor Cuore di Pietra ha evocato.
“E se fosse un attacco terroristico? Chi vuole tenere in scacco il nostro orgoglio nazionale colpendo basso dove hanno fallito le cannonate?” un giornalista d’assalto esplode da dietro un cespuglio, microfono in mano, alludendo alla pluricententenaria disputa tra le corone inglese e spagnola sulla sovranità della Rocca.
Bianca lo guarda bieca. “No comment. Ispettore, chiuda la zona al traffico pedonale e veicolare.”
Lo scoop è dato alle stampe nel giro di ore. L’edizione straordinaria vende nel giro di pochi minuti. Il paparazzo diventa eroe nazionale per un giorno, mentre il panico scoppia come un’epidemia.
“Capitoleremo al nemico!” si sente piagnucolare per le strade.
“Mai! Sudditi britannici siamo nati e per Sua Maestà moriremo!” Si risvegliano bellicosi istinti nella patriottica maggioranza.
Gli Yanitos accorrono in massa alla frontiera rivendicando la chiusura dei cancelli dalla parte di Gibilterra, come fece nel 1969 dalla parte spagnola il Generalísimo Franco. La famigerata ‘Verja’ che divise intere famiglie, e per quasi quindici anni isolò la Rocca dall’Europa continentale.
(Rif. Pagina 11)
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Debutto di Lilit Aex
Un sabato sera, il proprietario affisse nella locandina un poster con la mia fotografia e lo slogan: ‘Novità! Lilit Aex: sugar & sex’.
Dubbio gusto che mi ero cercata io stessa quando avevo scelto quel nomignolo! Ma il primitivo marketing funzionò. Il locale era strapieno quella sera ed all’ultimo mi prese il classico ‘stage fright’.
Emma mi spinse in scena dicendomi: “Don’t worry, the spotlight will blind you and you won’t see the faces in the audience!”
Così se per caso tra il pubblico c’era qualcuno di mia conoscenza, chessò parenti, ex compagni di scuola od amici di famiglia in vacanza, non me ne sarei nemmeno accorta e non sarei potuta scappare prima di esser riconosciuta e svergognata con Papà.
In ogni caso, la mia faccia era così impiastricciata di trucco, ciglia finte e porporina che neanche mia madre mi avrebbe riconosciuta.
Oltretutto il direttore artistico aveva deciso all’ultimo momento di completare il mio look con una parrucca verde a taglio squadrato, tipo caschetto da fumetti sadomaso.
Alle prese con il palo luccicante del club, mi sentii galvanizzata dalle luci della ribalta ed iniziai a danzare e muovermi sinuosamente al ritmo di versi come “You got the peaches, I got the cream / Sweet to taste, saccharine / `Cos I`m hot, say what, sticky sweet / From my head to my feet / Do you take sugar? one lump or two?” che liberamente traducono: tu porti le pesche, io la panna, dolce al gusto, saccarina, perché sono sciolto ed appiccicoso dalla testa ai piedi... Una zolletta o due? (Ahò non prendetevela con me, l’avessi mai scritta io questa canzone! È un rock cult.)
Applausi, urla e fischi di ammirazione, e cori che scandivano “Fo-fa! Fo-fa!” coprirono l’esplosione di batteria finale, mentre io mi levavo la parrucca e la roteavo a mo’ di cappello per fare l’inchino.
“Encore! Encore!” il pubblico era in delirio.
L’alcol scorreva a fiumi.
Fui scritturata per tutta la stagione.
(Rif. Pagina 96)
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